Tirano, vista dal trenino rosso del Bernina
Per i numerosi visitatori che
raggiungono ogni anno le note località turistiche della valle come
Bormio, Livigno o S. Caterina Valfurva, Tirano è sempre stata
considerata una tradizionale sosta durante il viaggio in alta valle.
Facilmente raggiungibile da Milano, è collegata a St. Moritz e all’Engadina con il suggestivo trenino rosso della Ferrovia Retica che attraversa il passo del Bernina:
la presenza della stazione di partenza del famosissimo trenino ha
sicuramente contribuito lo sviluppo turistico di questa località, che
attira oggi migliaia di visitatori.
Tirano, che fu fin dall’antichità uno dei centri economici e culturali più importanti della Valtellina,
sorge ad un’altitudine di 450 m ed è contornato dalle montagne: a sud
le Alpi Orobie valtellinesi, a nord il massiccio del Bernina e a
nord-est quello dello Stelvio.
L’abitato è situato nei pressi della confluenza dei due rami sorgentiferi del fiume Adda, là dove si incontrano la Valtellina e la Val Poschiavina, pressoché interamente ubicata in territorio svizzero. Numerosi sono gli hotel presenti a Tirano e molte sono le possibilità di alloggiare in questa magnifica città.
La città si sviluppa attorno a due
nuclei principali: il borgo antico sulla riva sinistra dell’Adda,
circondato, sul finire del Quattrocento, dalle mura fatte erigere da
Ludovico il Moro, e la zona di Madonna di Tirano che, dopo la
costruzione del santuario mariano nella prima metà del Cinquecento,
diviene importante meta non solo di pellegrinaggio religioso ma anche
centro commerciale di rilevanza internazionale, sede dell’importante
fiera di San Michele.
Sulle mura, in parte ancora conservate,
si sono progressivamente appoggiate le case private. Ancora esistenti le
tre porte di accesso al borgo fortificato, Porta Poschiavina, Porta
Bormina e Porta Milanese, e il castello di Santa Maria.
Poco rimane della città medievale,
distrutta in parte da un incendio del 1400, mentre molti sono i segni
del risveglio rinascimentale.
Entro i confini del borgo fortificato
sorgono numerose case e palazzi nobiliari appartenenti alle maggiori
famiglie (Palazzo Salis, Palazzo D’Oro Lambertenghi, Palazzo Visconti
Venosta, Palazzo Merizzi, Palazzo Torelli, ecc.).
Fuori dalle mura si trovano Palazzo Foppoli e Casa Grana-Pievani Arcari, costruiti sulla sponda destra del fiume Adda.
Tesori celati ai più rimangono all’interno dei palazzi: androni, corti, portali, scaloni, stüe, saloni, soffitti decorati, ecc.
Il centro di Tirano, a differenza di
altri borghi valtellinesi, si distingue anche per la promiscuità tra
case patrizie ed edifici rurali, spesso non meno interessanti dei primi.
Storia
Tirano è un borgo di origine romana. Nel
corso del Medioevo vennero erette sul suo territorio fortificazioni e
castelli che ne attestano l’importanza strategica (è proprio da Tirano che si dipartono le strade per il Bernina, il Bormiese, la Bassa Valtellina e l’Aprica).
Alla fine del 1400 Ludovico Sforza,
detto “il Moro”, fece cingere l’abitato da mura per proteggerlo dalle
incursioni dei vicini Grigioni, che intendevano impossessarsene,
consapevoli dell’importanza della Valtellina quale territorio di accesso
alla Pianura Padana.
Avvenimento chiave nella storia di
Tirano fu la miracolosa apparizione della Madonna il 29 settembre 1504,
con la successiva edificazione del santuario dedicato alla Beata
Vergine, che divenne ben presto il baluardo del cattolicesimo contro la
diffusione della riforma luterana promossa dalle Leghe grigionesi, che
nel 1512 riuscirono a raggiungere il loro obiettivo, avviando una
dominazione su Tirano e su tutta la Valtellina, che durò per oltre due secoli, durante i quali fecero smantellare le principali costruzioni fortificate.
Nel 1606 vennero pubblicati per la prima
volta i “Capitoli novi della magnifica università di Tirano”, un
insieme di leggi per la regolamentazione della vita dei cittadini di Tirano, sul modello di regolamenti che similmente si erano diffusi in Svizzera, anche se i rapporti con i Grigioni si
fecero sempre più aspri soprattutto per i numerosi attriti di stampo
religioso che ponevano come sempre i cattolici valtellinesi in contrasto
con gli svizzeri protestanti che avevano goduto di una certa fortuna
presso la classe dirigente di Tirano, mentre il popolo supportava
perlopiù il clero il quale era terrorizzato dall’idea di perdere i
propri secolari privilegi e la propria influenza sul borgo.
Il contrasto tra cattolici e protestanti, sfociò nel cosiddetto “Sacro Macello di Valtellina“,
una vera e propria rivolta che i cattolici intransigenti valtellinesi
guidarono contro i sostenitori del protestantesimo, il che costrinse
anche i Grigioni
ad abbandonare molti punti chiave in città ed a fare ritorno entro i
confini svizzeri. Malgrado questo tentativo avesse sortito effetti
positivi anche sul piano politico, già dal 1639, con il “Capitolato di
Milano”, la Valtellina fece ritorno sotto il dominio dei Grigioni,
i quali però proclamarono la tolleranza religiosa verso la maggioranza
di fede cattolica che in breve tempo non solo instaurò una chiesa
tiranese sempre più forte, ma guadagnò influenza negli anni d’oro
dell’inquisizione quando in queste valli ebbe luogo il trionfo della
caccia alle streghe.
Nel Settecento Tirano rimase sotto la
dominazione svizzera, ma già sul finire del secolo incominciarono a
sentirsi le prime avvisaglie della Rivoluzione Francese con piccole e
grandi insurrezioni che interessarono l’abitato. Il 10 ottobre 1797, con
l’Editto di Passariano, l’allora Generale Napoleone Bonaparte decretò
l’unione della Valtellina alla Repubblica Cisalpina, sotto la reggenza di Francesco Melzi d’Eril.
Una mossa errata, però, si rivelò il
sequestro dei beni preziosi appartenenti al tesoro del Santuario della
Madonna di Tirano nel 1798, operato dalle forze francesi per il sostegno
delle truppe che inviarono tali ricchezze alla capitale Milano per poi
essere disperse.
A complicare il già triste periodo, l’8
dicembre 1807 si abbatte su Tirano una calamità naturale: a causa delle
molte piogge del periodo, un’enorme frana scende a valle del Monte
Masuccio andando a sbarrare il corso del fiume Adda, creando una
varriera di 43 metri. La disgrazia sembrava essersi fermata quando, nel
maggio dell’anno successivo, con lo scioglimento della neve accumulatasi
nell’area durante l’inverno, la parte alta della diga naturale creatasi
con la frana cedette e scese torrenzialmente mista ad acqua sino
all’abitato tiranese spazzando via vigneti, terreni coltivati, case e
distruggendo il ponte di comunicazione della cittadina.
Dopo il Congresso di Vienna, la Valtellina
e Tirano vennero annesse alla Lombardia e divennero parte del Regno
Lombardo-Veneto col quale condivideranno tutte le sorti, godendo ad ogni
modo di un periodo di florido benessere dato da una serie di opere
stradali che gli austriaci compirono nell’area, potenziando la viabilità
della Valtellina e fortificarono le rive dell’Adda e proteggendo il paese da possibili esondazioni.
Con la proclamazione del Regno d’Italia
nel 1861, Tirano conobbe un ulteriore periodo di sviluppo, anche se a
partire dalla seconda metà del XIX secolo, iniziò copioso il fenomeno
dell’emigrazione. Questo fatto permise comunque il raggiungimento di
alcuni obbiettivi di sviluppo fondamentali, come ad esempio la
costruzione della ferrovia locale che giunse agli inizi del XX secolo, e
nel 1902 venne edificato il tratto Sondrio-Tirano, mentre nel 1909
nacque la tratta St.Moritz-Tirano.
Dopo i due conflitti mondiali, Tirano
conobbe il boom economico degli anni ’50 e ’60 con un conseguente
aumento del fenomeno del contrabbando data la vicinanza con le aree
della Svizzera. Oggi il paese è in prevalenza una meta turistica per le
vicine località sciistiche e come punto di partenza del Bernina Express.
Da visitare
Tirano è una cittadina da scoprire. Oltre all’imprescindibile visita al Santuario della Madonna di Tirano, non può mancare una passeggiata in uno dei centri storici più importanti della Valtellina, unico per numero di palazzi storici.Santuario della Madonna di Tirano
Il Santuario della Madonna di Tirano sorge nel punto della confluenza delle tre vie di comunicazione che portano verso l’Alta Valtellina, la Bassa Valtellina e la Valle di Poschiavo,
proprio nel punto dove, il 29 settembre 1504, festa di S. Michele, la
Vergine Maria apparve al beato Mario Homodei, salutandolo con le parole:
“Bene avrai” e chiedendo espressamente la costruzione di un tempio in
suo onore con la promessa di salute spirituale e corporale a chi
l’avesse invocata.
L’apparizione,
supportata dall’immediato verificarsi di miracoli, indusse la gente a
sollecitare l’edificazione del tempio e rappresentò un’occasione per
manifestare più apertamente la religiosità e la profonda devozione
mariana di quella terra. La gente contadina era per lo più abituata a
vivere l’esperienza religiosa anche negli episodi della vita quotidiana:
è facile capire come spontaneamente corresse a quel luogo benedetto e
poi alla cappella per i problemi di tutti i giorni, e il compiersi dei
miracoli non poteva che accrescere questo fenomeno.
Data la reazione popolare, solo 11
giorni dopo l’apparizione, l’autorizzazione alla costruzione del
santuario fu subito concessa dalla Curia di Como. Il luogo era già
stabilito: quello dell’apparizione, il 10 ottobre 1504, undici giorni
dopo l’evento, dove già era stata eretta con frenetico zelo una
cappella.
Neppure sei mesi dopo l’apparizione,
esattamente il 25 marzo 1505, fu posta la prima pietra. Nel 1513 la
chiesa era già officiata, anche se incompleta. Numerosi maestri d’arte,
nei secoli successivi, gli diedero l’attuale bellezza e ricchezza
artistica.
Esternamente la Basilica presenta
caratteri rinascimentali che permettono al visitatore di percepire
l’armonia e l’equilibrio tipici dell’arte cinquecentesca.
Degni di nota sono il portale maggiore, opera di Alessandro Della Scala, le finestre laterali, la cupola e la torre campanaria.
Entrando
nel Santuario, la particolarità che subito è ravvisabile agli occhi del
visitatore è l’enorme quantità di stucchi, dipinti e decorazioni
presenti sulle pareti e sulle volte del soffitto della chiesa, il tutto
teso a ricoprire ogni spazio disponibile, caratteristiche queste che
hanno consentito a tale monumento di divenire un’insigne esempio della
maestria dell’arte rinascimentale lombarda.
L’inerno misura 20,35 metri in lunghezza e 14, 40 in larghezza. La pianta è a
croce latina dalla quale si levano il coro con l’abside e, su robusti
pilastri, le tre navate, divise in altrettante campate dalle volte a
crociera, l’ultima delle quali alta a formare il transetto, al cui
centro si apre la cupola.
Il cuore della basilica è rappresentato
dalla cappella e dall’altare dell’Apparizione. Inserito nel contesto
architettonico e decorativo della cappella, rivela uno stile molto
diverso, di gusto neoclassico, imperiale, in lucido marmo di vario
colore. Nell’edicola sull’altare dell’Apparizione domina la statua
lignea policroma e dorata della Madonna. Il vano dietro l’altare è
chiamato ‘scurolo’, l’angolo più appartato di tutto il tempio. ‘Ubi
steterunt pedes Mariae’: la scritta ‘dove si posarono i piedi di Maria’
indica il luogo esatto dell’Apparizione, luogo che favorisce il
raccoglimento e permette al fedele di entrare in personale contatto con
la Madonna lì apparsa.
L’altro punto di fondamentale importanza
è l’organo, che rappresenta l’opera più pregevole cha dà al santuario
larga fama e suscita l’ammirazione dei visitatori. Alto quasi 14.50 mt. è
sorretto da otto colonnine di marmo rosaceo, provenienti da Arzo nel
Canton Ticino. La gran cassa, in legno finemente intagliato, fu
realizzata nella prima metà del 1600. Per la maggior parte l’opera
monumentale è di larice rosso. La parte strumentale, con 2.200 canne
(inizialmente) di purissimo stagno, è stata più volte restaurata ed è
tuttora in funzione e accompagna le celebrazioni liturgiche festive.
L’organo, per sua natura strumento di celebrazione sacra tramite il
suono della musica e l’accompagnamento dei canti, qui diviene già nella
struttura un inno di lode a Dio Padre Onnipotente che si affaccia in
alto con le braccia tese per accogliere le preghiere e le suppliche che
con la musica e il canto s’innalzano a Lui.
La presenza di ricordi, fotografie ed
ex-voto testimoniano ancora oggi la devozione dei fedeli verso questo
luogo di pellegrinaggio.
Il santuario di Tirano è stato un punto
di riferimento importante per i valligiani, soprattutto durante
l’occupazione e le guerre, e la devozione alla Madonna come protettrice
della valle e simbolo della sua libertà si è sicuramente andata
consolidando nel tempo. Ora come allora il santuario è meta di numerosi
pellegrini e turisti che, come recita la formella in marmo (1534)
apposta sopra il portale principale del tempio, affidano alla Vergine
Maria con cuore sincero le proprie preghiere.
Qui, in questo santuario, ogni giorno accorrono i devoti per deporre ai piedi della Vergine gioie, speranze e sofferenze e per avere salute e consolazione. Per questo – fin dall’inizio – è invocata anche col titolo di ‘Santa Maria de la Sanitate’, della salute.
Qui, in questo santuario, ogni giorno accorrono i devoti per deporre ai piedi della Vergine gioie, speranze e sofferenze e per avere salute e consolazione. Per questo – fin dall’inizio – è invocata anche col titolo di ‘Santa Maria de la Sanitate’, della salute.
La Madonna di Tirano è stata proclamata patrona della Valtellina da papa Pio XII.
Oltre all’importanza religiosa, il gusto
barocco, la grazia e la ricchezza delle decorazioni a stucco, delle
sculture e degli affreschi, fanno sì che il santuario venga considerato,
con il Duomo di Milano e la Certosa di Pavia, una delle tre chiese più
belle della Lombardia.
Orario di apertura:Tutti i giorni: ore 07,00 -12,15; 14,30 -19,00
Nel mese di maggio: orario continuato il mercoledì, il sabato e la domenica
Da giugno a fine settembre: orario continuato per tutta la settimana dalle ore 7,00 fino alle 19,00
Palazzo Salis
Palazzo Sali s di
Tirano si colloca come una delle mete culturali e turistiche di maggior
interesse di tutta la Valtellina, visitabile tutto l’anno con visite
guidate per piccoli e grandi gruppi.
Ideale come m eta di
visita di scuole e di amanti della storia ed architettura del 600 e 700,
ma anche per gli appassionati della natura, dello sport e
dell’enogastronomia valtellinese.
Palazzo Salis di Tirano ha recentemente
aperto un percorso museale che, snodandosi attraverso alcune delle più
belle sale di una prestigiosa residenza di famiglia, consente ai
visitatori di ammirare le pregevoli decorazioni, gli affreschi dal ricco
ed in parte ancora inesplorato apparato iconografico, gli arredi
storici e di prendere visione di una significativa documentazione sulla
storia locale.
La visita può includere, su richiesta,
anche il prezioso giardino all’italiana, una vera chicca nascosta
all’interno di Palazzo Salis. Il giardino all’italiana é riportato su
diverse antichissime piante del palazzo , tra cui una originale del 1813
visibile nella prima sala del museo. Il giardino all’italiana non é per
nulla comune in ambito alpino, anzi rappresenta una vera rarità: in
tutta la Valtellina
se ne contano solamente 2, di cui quello di Palazzo Salis é il più
grande e famoso. Un team di giardinieri cura con professionalità ed
attenzione ogni anno la potatura della siepe di bosso, posta a formare 4
quadranti di labirinti, così come le rose, nonché la salute delle
numerose piante da frutto e del maestoso e secolare cedro del Libano,
che da oltre 2 secoli veglia sulla storia della nobile famiglia Salis.
Orari:Dal 1° maggio a fine settembre :
da lunedì a sabato: tutte le mattine alle 10 e alle 11.
da giovedì a sabato: anche il pomeriggio alle 15 e alle 16.
Dal 1° ottobre al 30 aprile :
da martedì a sabato: alle 10 e alle 11.
Visite in altri giorni ed orari sono sempre possibili su prenotazione.
Palazzo Lambertenghi
Il palazzo,
di origine quattrocentesca, si trova nel centro storico di Tirano ed
ospita una collezione di mobili e oggetti appartenenti alla famiglia che
tuttora lo abita.
I piani visitabili sono due: al piano terra troviamo un salone con volta ad ala di pipistrello che conserva una collezione di stipi monetieri, la cucina, la sala da pranzo, una stua del ‘500 (detta “delle colonne”) con soffitto ligneo settecentesco a “rocaille” e uno studio; al primo piano sono collocate le camere da letto e sono visitabili le due stüe cinquecentesche.
Di fronte all’ingresso del palazzo, al di là della strada, si trova il giardino, e, sul retro, la vecchia casera.
La proprietaria della casa guida i visitatori lungo questo itinerario permettendo ai visitatori di cogliere il legame tra i preziosi oggetti della collezione e la vita quotidiana.
I piani visitabili sono due: al piano terra troviamo un salone con volta ad ala di pipistrello che conserva una collezione di stipi monetieri, la cucina, la sala da pranzo, una stua del ‘500 (detta “delle colonne”) con soffitto ligneo settecentesco a “rocaille” e uno studio; al primo piano sono collocate le camere da letto e sono visitabili le due stüe cinquecentesche.
Di fronte all’ingresso del palazzo, al di là della strada, si trova il giardino, e, sul retro, la vecchia casera.
La proprietaria della casa guida i visitatori lungo questo itinerario permettendo ai visitatori di cogliere il legame tra i preziosi oggetti della collezione e la vita quotidiana.
Piazza Parravicini
piazza Pallavicini, con l’omonimo palazzo seicentesco, è studiata con quinte e facciate che disegnano prospettive barocche di particolare suggestione.La piazza costituisce, assieme alla vicina contrada Dosso, uno dei luoghi storici più suggestivi della città da visitare … con il suo palazzo, dimora di una delle famiglie più benestanti della città, che conviveva a pochi passi con abitazioni contadine; il lato opposto al palazzo Parravicini, infatti, ci mostra storici nuclei abitati contadini che oggi in parte sono stati ristrutturati, ma che conservano ancora quell’originalità che contraddistingueva le case contadine di quelle epoche passate.
Da ammirare nella piazza, oltre alla bella fontana realizzata con pannelli di pietra verde quasi dipinta nella cinta muraria, è la chiesetta a forma ottagonale della Madonna Adolorata (simile a quella di San Rocco): un tempo antico oratorio dedicato alla Vergine Maria, nel 1664 venne restaurata divenendo la cappella di Palazzo Parravicini e, dopo la morte di Teresa Parravicini, la chiesetta passò, nel 1898, alla famiglia Merizzi che ne mantiene ancora oggi la proprietà. Oggi la chiesetta dedicata al dolore di Maria (Mariano Spasmo) costituisce uno degli angoli suggestivi della piazza; pochi anni fa è stata al centro di un bel restauro mirato a conservarne la storia e la bellezza.
Le tre porte
Dopo la costruzione delle mura
ludoviciane a Tirano, vennero erette anche tre porte per consentire
l’accesso alla città e vennero realizzate in corrispondenza delle vie
commerciali e militari di maggior rilievo. Esse sono ancora presenti nel
centro storico dell’abitato e portano i nomi di Porta Milanese (in
direzione di Milano), Porta Poschiavina (in direzione del torrente
Poschiavo) e Porta Bormina (in direzione di Bormio).
Curiosità
• A Tirano si trovano due stazioni: la stazione della FS (Trenitalia) e la stazione della RhB (Ferrovia retica).• Qualcuno sostiene che le tre porte di accesso al borgo fortificato, Porta Poschiavina, Porta Bormina e Porta Milanese, ancora oggi visibili, siano state progettate dal grande scienziato Leonardo da Vinci.
• Come a Siena, anche a Tirano si tiene ogni anno il Palio di Tirano … una tradizione che consolida anche in quest’area montana la presenza di un palio che però viene così definito impropriamente: la manifestazione della città, infatti, non è la classica corsa a cavalli come accade per Siena o Legnano, ma consiste in un grande happening di sport e giochi che coinvolgono la popolazione. Le discipline sportive praticate comprendono tra gli altri nuoto, ciclismo, tornei di poker e scopa, oltre a partite di calcio, gare di tiro alla fune e tiro con l’arco.
Le dieci contrade, in cui è diviso l’abitato cittadino, sono suddivise come segue, ognuna con un colore che contraddistingue i partecipanti: Porta Milanese (verde), Viale Italia (nero), Cartiera (grigio), Cologna (arangione), Madonna (rosa), Risciün (blu), Baruffini (rosso), Porta Bormina (giallo). Ciascuna contrada è retta da un Capitano.
Da regolamento, un contradaiolo appartiene dalla nascita ad una contrada, ma può decidere di cambiarla in caso di cambiamento della residenza all’interno della stessa città, oppure di mantenere quella di nascita.
Tel: 02.39523309 / Cell: 327.1493890 Lun-Sab | 9.00-19.00
E-mail: info@clubmagellano.it | Via Bagnolo 14 - Tavazzano (LO)
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